COGNOMI STORICI DI ANDORA - Andora nel tempo

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COGNOMI STORICI DI ANDORA

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COGNOMI STORICI DI ANDORA
(Sandro Garassino)

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I COGNOMI STORICI DI ANDORA
Etimologia e possibili connessioni



Immagini tratte dalla Tesi di Laurea "Insediamenti Medievali nella Valle del Merula: esame tipologico" di Sabrina LUNGHI
Per gentile concessione Sabrina LUNGHI

Trattando di cognomi, preliminarmente, occorre spiegare che, a seguito della caduta dell’impero romano, venne progressivamente abbandonato il sistema identificativo da essi adottato, il cosiddetto trinomio, costituito dal prenomen (il nome personale) il nomen (indicante la famiglia di appartenenza, la gens) e dal cognomen per distinguere i vari membri omonimi della famiglia. A questi si poteva aggiungere un quarto elemento, agnomen, un soprannome, per ulteriore specificazione dell’individuo.
Esempio completo, contenente tutti gli elementi citati, è: Publio Cornelio Scipione, l’Africano.
L’abbandono deriva dal fatto che per molto tempo, causa la decrescita demografica, la sostanziale inesistenza di commerci e di comunicazioni, la parcellizzazione degli insediamenti, la distanza tra questi, non era necessario avere un sistema identificativo codificato, ciascun individuo viveva la sua vita in un ambito ristretto dove il nome di battesimo era più che sufficiente a qualificarlo.
Successivamente il bisogno venne sentito solo dalle famiglie più importanti, dove si manifesta l’esigenza e l’interesse ad enfatizzare l’appartenenza ad una specifica Gens e alla discendenza da questa, a fini di legittimazione del potere.
Dal secolo XIII al XIV, con l’aumento della mobilità e degli scambi commerciali, l’incremento demografico e l’aumento dell’urbanizzazione, l’uso si estese, progressivamente, sino ai ceti più bassi della popolazione.
Fu però solo in seguito alle riforme adottate dal Concilio di Trento (1545-1563), che la Chiesa Cattolica introdusse l’obbligo per i parroci di redigere e conservare appositi registri di battesimo e di matrimonio, contenenti il nome ed il cognome dei battezzati/degli sposi, e successivamente, nel 1614, il registro dei decessi. In quest’ultima data furono anche dettate le prime norme circa le modalità di tali registrazioni.
Pertanto, è in tale contesto che va cercata l’effettiva origine della cognomizzazione come noi la conosciamo.
Ovviamente non fu tutto facile, complice, da un lato lo scarsissimo livello culturale generale, compreso quello medio del basso clero, d’altra parte la sovrapposizione dell’utilizzo sia del latino che dell’italiano, magari influenzato dai dialetti locali, furono numerosi gli errori ed equivoci, tanto, in alcuni casi, da trasformare il reale cognome iniziale in una forma che nulla richiama, a prima vista, l’originale.
Si aggiunga inoltre che negli atti notarili, preziosa fonte di citazioni di cognomi antecedenti alla registrazione dei battezzati, gli errori o “interpretazioni personali” da parte dei notai erano frequenti.
Riguardo agli errori di trascrizione la situazione, seppure in misura decisamente minore, si è mantenuta con il passaggio ai Comuni dei doveri di registrazione anagrafica, almeno sino all’avvenuta informatizzazione.
(Fino a pochi decenni fa era presente in Andora una famiglia in cui il padre aveva il cognome terminante con la lettera I, mentre la figlia aveva lo stesso cognome terminante con la lettera E.)
Inoltre occorre considerare che, almeno inizialmente, ma con usanza protrattasi per circa un secolo, si effettuavano le registrazioni anteponendo la particella DE (apocope di dei) ad indicare appartenenza ad una famiglia oppure la particella DI ad indicare discendenza dal padre. Sovente una di queste particelle si è andata a definire nel cognome stesso, (esempio Negri – De Negri – Denegri), oppure, ancora, il cognome veniva declinato in base al sesso (esempio Galleano – Galleana).
Infine è da sottolineare che, in alternativa alla particella DE, ad indicare appartenenza ad una famiglia, si utilizzava il cognome stesso al plurale.
L’utilizzo del plurale era pure un “vezzo” frequentemente adottato per sottolineare l’appartenenza ad una famiglia e, conseguentemente, l’importanza della stessa.
Di questo è testimonianza, tutta Andorese, la constatazione che il primo atto, compiuto da Marco Antonio (Andrea) Maglione, appena ottenuto il titolo di marchese, sia stato quello di mutare il cognome da Maglione a Maglioni, in tutta evidenza per enfatizzare l’appartenenza a tale “Gens”.
Il disinvolto utilizzo del cognome dal singolare al plurale è testimoniato da una sentenza del Regio Senato di Genova, nella sua funzione di Corte di Cassazione, datata 1842. In tale documento ufficiale riguardante causa circa la proprietà di un terreno in Andora, tra Catterina Maglione in Garassino e Giulia Confredi maritata Lanfredi, Catterina Maglione è citata per quattro volte come in Garassino e una volta come vedova Garassini (la causa iniziò nel 1814 e, con i vari gradi di giudizio, finì nel 1842 – peraltro con tempi non molto dissimili da quelli odierni… - per cui nel frattempo la Catterina Maglione era diventata vedova…).

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Premesso quanto sopra, come noto, la prima citazione dei cognomi (qui uso il termine in modo improprio e semplificatorio) presenti nel territorio di Andora si rinviene nella relazione di stima del feudo, redatta da Iacobo Bestagno nel 1252, coincidente con l’inizio dell’assunzione della Signoria di Andora da parte di Porchetto Striggiaporci(1).
Tuttavia è solo grazie all’analisi demografica del 1607 che si ha un quadro complessivo della cognomizzazione locale.
Il presente lavoro riguarda e tratta i cognomi elencati in quest’ultimo documento, soffermandosi in particolare su quelli tuttora presenti sul territorio o per i quali, comunque è stata conservata la memoria nella toponomastica.
Questo non per fare torto ad alcuno ma per la semplice considerazione che ampliando il raggio di potenziale provenienza della famiglia, diverse sono le possibili origini etimologiche, mutano le influenze dialettali eccetera, complicando esponenzialmente la ricerca.
Ovviamente questa non è una ricostruzione genealogica, che comporterebbe ben altri approfondimenti e studi, quindi quando si proporranno possibili connessioni con altre famiglie, queste saranno da intendersi come mere ipotesi più o meno verosimili, in considerazione della limitata area geografica e della plurisecolare dominazione genovese, da verificare, per chi ne fosse eventualmente interessato, tramite puntuali ricostruzioni genealogiche.
Le più o meno probabili correlazioni, sono giustificate sia dalla possibilità che un ramo di  questa o quella famiglia gravitante su Genova, si sia trasferito nel ponente (e qui magari, fiorito in ulteriori rami),  per le più disparate ragioni, incarichi di governo, oppure per acquisizione di proprietà terriere per acquisto, per esserne infeudata, per l’istituto della “Consignoria”, per eredità e così via, oppure al contrario sia stata la famiglia locale, o ramo di questa, a trasferirsi a Genova.
In aggiunta alla spiegazione sulla possibile origine etimologica ed alle possibili correlazioni saranno citati alcuni personaggi che hanno lasciato traccia nella storia, in questo caso preciso che sono stati presi in considerazione solo i soggetti il cui cognome corrisponde esattamente a quello esaminato, con riferimento al contesto geografico ligure e all’epoca storica antecedente il 1900.
Viene inoltre citato, il riferimento all’arme araldica, pur doverosamente ricordando che questa, tecnicamente, anche se non più giuridicamente, è personale e può intendersi famigliare entro certi limiti, ben definiti.
Per le famiglie non propriamente appartenenti al patriziato genovese (per essere iscritti a questo era, ovviamente, necessario essere cittadini residenti a Genova) ci si è scrupolosamente attenuti alla presenza o meno, di arma riconducibile alla famiglia trattata, nella raccolta di stemmi, redatta da Giovanni Andrea Musso e intitolato “Le Università delle insegne ligustiche”, manoscritto risalente al 1680, conservato alla Biblioteca Berio di Genova.
Termino il (lungo) preambolo con alcune considerazioni circa gli Alberghi Genovesi, poiché più volte in seguito si farà riferimento a questi, pare opportuno precisare di cosa si trattasse.
Peculiarità quasi unica del patriziato genovese, (fatte salve limitate e sporadiche analogie con realtà diverse, si cita ad esempio Asti con le sue “Casane”) era che questo era organizzato in unioni di famiglie piuttosto che da singole famiglie.
Altrove si potevano avere più famiglie che si richiamavano ad unica ascendenza, man mano suddivisasi in più rami, sempre restava, però, il vincolo di sangue l’elemento identitario. In Genova così non era.
A Genova famiglie di diversa origine e disparata provenienza, non in sola ragione di legami di parentela, che eventualmente ed ovviamente potevano sopravvenire in seguito, ma, soprattutto per motivazioni economico/clientelari e di fazione politica, si univano per scelta in associazioni “istituzionali” denominate Alberghi. La preponderanza di vincoli diversi da quelli strettamente famigliari è testimoniata dal fatto che rami della stessa famiglia furono spesso iscritte in alberghi diversi.
Questi raggruppamenti famigliari traevano origine dalle “compagne” e dalle “maone” medievali, una sorta, rispettivamente, di una società in accomandita semplice e di una società per azioni del tempo.
Il Comune stesso di Genova nacque in origine come “compagna” la “Compagna Communis”.
Si arrivò ad avere 74 Alberghi (forse più) nella città, poi ridotti a 28 nel 1528, in conseguenza alle riforme istituzionali volute da Andrea Doria.
Iscrivendosi ad un albergo, o meglio, essendo accettati/cooptati all’interno dello stesso, le famiglie ne adottavano il nome, che diventava il cognome principale, spesso di fatto tralasciando, volontariamente, completamente quello originale.
Alcuni alberghi furono intitolati alla famiglia predominante, si vedano quelli dei Cibo, dei Doria, dei Grimaldi, dei Fieschi, degli Spinola ed altri.
In altri casi venne adottata una intestazione ex novo, del tutto arbitraria e derivante da ragioni disparate, che nulla aveva a che fare con quello delle Famiglie costituenti. Si veda il caso dei Cattaneo, dei Centurione, dei Gentile, dei Giustiniani, gli Imperiale, i Salvago, eccetera. Ad esempio i Cattaneo così si dissero perché inizialmente l’albergo fu formato da famiglie di comandanti marittimi (Cattaneo da capitaneo), gli Imperiali per privilegio concesso dall’Imperatore Bizantino e così via.

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Fatto questo, a mio avviso necessario, preambolo, si viene ora alla trattazione, in ordine alfabetico, dei cognomi presenti nel documento del 1607, utilizzando la denominazione attuale:

Agosti - Probabilmente dal personale Agostino con l’apocope dell’ultima sillaba oppure direttamente da agosto (mese) o da Augusto. Si tratta di un cognome panitaliano (ovvero diffuso in vario modo in tutta Italia) con la presenza maggiore in Lombardia.
Esponenti storici noti: mons. Ippolito Agosto (1838 – 1893) nato ad Andora, Vescovo di Nicopoli, in Bulgaria, dal 1883 sino alla morte.
N.B. non si è reperita traccia dello stemma vescovile adottato.

Alberti – Già presenti nel 1252 come Ariberti. Da Ariberto – Eriberto nome di derivazione germanica nel significato di “risaltante/splendente tra l’esercito”.
In Genova presente Famiglia Alberti, peraltro indicata come proveniente dal levante e non dal ponente e, comunque, si avrebbe ragione di supporre che detta famiglia   fosse collegata con gli Alberti, Conti in Toscana, come si evincerebbe dall’arma adottata. Considerato il relativamente tardo arrivo in Genova e la circostanza che la linea principale della famiglia genovese si estinse nella prima metà del 1400, si ritiene improbabile la connessione con gli Alberti del ponente ligure. Constatato inoltre che lo stemma rappresentato dal Musso coincide con quello di detta famiglia genovese, non lo riporto.

Alemanno – cognome raro, di evidente derivazione etnica, probabilmente derivante da un capostipite di origine germanica stabilitosi nei nostri territori. Potrebbe anche derivare dal termine arimanno indicante, nel periodo feudale, l’uomo libero coltivante la sua proprietà e tenuto, nei confronti del feudatario, al servizio militare in qualità di fante. Infine, nel medio evo era utilizzato il nome personale Alamanno.

Anfosso – dal nome medievale Anfossus poi Alfonsus ed infine diventato Alfonso.
Negli elenchi nobiliari genovesi è presente Famiglia Anfossi, tuttavia questa risulterebbe originaria di Voltaggio e non dal ponente. Fu iscritta nell’Albergo Interiano. E’ possibile che un ramo della famiglia, si sia trasferita a Taggia, dove tuttora è presente il nucleo più consistente, sia nella forma Anfosso che in quella Anfossi. Da tale cittadina, è plausibile che un ramo sia arrivato ad Andora, come è possibile che il ramo di Taggia sia ceppo indipendente, come ipotizzato, con una tesi, forse troppo ardita, dalla prof. Alma Anfosso che, pur non affermandolo esplicitamente, lascia spazio alla supposizione di una provenienza dai Conti di Ventimiglia.
L’Arma della Famiglia Anfossi (di Genova) è la seguente:
“d’argento al mare fluttuoso, al destrocherio vestito di rosso movente dal fianco sinistro brandente un tridente in sbarra trafiggente un delfino al naturale, al capo d’oro caricato di tre fiamme di rosso”(2).
Inoltre nella raccolta di stemmi, redatto da Giovanni Andrea Musso, sono presenti due versioni parzialmente diverse dell’arme sopra descritta, una accreditata agli Anfossa/Anfossi e l’altra ai soli Anfossi. Infine si sottolinea che vi sono tracce della famiglia Anfossi in Sicilia, in Lazio, in Piemonte ed a Nizza. Le insegne adottate dalle due famiglie siciliane e quella laziale risultano sostanzialmente analoghe a quella descritta (differenziandosi solo per piccoli particolari) dando più che fondamento all’ipotesi che si tratti di rami della famiglia ligure, posto che era frequente che esponenti delle stesse acquisissero nobiltà al sud. Riguardo al ramo Piemontese, specificatamente quello originario dai dintorni di Novi Ligure, e quello di Nizza, pur avendo adottato insegne araldiche diverse, si tratta certamente della stessa famiglia genovese.

Ardoino - Dal germanico harduwin, forte amico. Nome ben attestato nel medio evo, per tutti si ricorda Ardoino d’Ivrea nato nel 955 e morto nel 1015, Re d’Italia dal 1002 al 1014.
Esponenti storici noti: Nicola Ardoino (1804-1895) di Diano Marina, patriota e generale.
Nello stemmario del Musso presenti come Ardoina o Arduina con la seguente arma: “d’azzurro alla fenice sorgente dalle fiamme il tutto al naturale, coronata d’oro, sostenuta da colle di verde, al sole raggiante d’oro uscente dall’angolo destro del capo”.
Nello stesso presenti, pure, come Ardoini o Arduini con propria arma:
“d’azzurro al ponte di legno al naturale posto in banda, al leone al naturale coronato d’oro, al capo di rosso, caricato di quattro nubi d’argento ordinate a croce di S. Andrea”.

Berno/ Berneri – possibile provenienza dal germanico Werner (da waren – difendere) per mutamento di W in B, tuttavia l’ipotesi più attendibile è che derivi da un capostipite di nome Bernardo ( sempre dal germanico Bern + hard con il significato di orso ardito o ancora più semplicemente da Bern – orso), attraverso semplificazione dialettale in Berno da cui “I Bernai” intesi come famiglia ed infine Bernero/Berneri, con aggiunta del suffisso ero, ad indicare provenienza per discendenza oppure, semplicemente attraverso italianizzazione o latinizzazione e poi ancora italianizzazione del precedente.
Nel citato manoscritto del Musso citati come Berni e riportata la seguente arma:
“D’azzurro al destrocherio vestito di rosso, movente dal fianco sinistro tenente una forcella d’oro, al crescente rivoltato d’argento in capo, alla stella d’oro ad otto raggi in punta”.

Bianco –dal germanico blanch (splendente, lucente) latinizzato in Blancus. Più che da nome dovrebbe rifarsi ad aggettivo qualificativo, ovvero dovrebbe originarsi da un soprannome indicante una caratteristica fisica, ad esempio un capostipite di capigliatura canuta (vedasi anche il soprannome dialettale “u Giancu”).
Si tratta di cognome panitaliano relativamente diffuso, anche nelle varianti Bianchi, Biancheri, Bianchini eccetera.
A Genova presenti diverse famiglie, cognomizzate come Bianchi e Bianchi De Bracelli, tutti di diversa origine e provenienza. I primi furono iscritti nei Fieschi e negli Interiano, i secondi nei Lomellini.
Nell’armoriale del Musso i Bianchi sono presenti con distinte arme, come diversi erano, appunto, le famiglie, ma tra queste, pur considerando che il ceppo dei Bianchi che ha dato origine ai Bianchi De Bracelli era originario di Taggia, a mio avviso per varie ragioni, nessuna riconducibile al cognome Bianco dell’andorese.

Borgno/ Borgna – potrebbe derivare dal francese borgne (guercio, cieco) anche attraverso voce dialettale piemontese (in ligure si usa sguersu, sbicciu, ciccu ma non risulta, almeno localmente, l’utilizzo del termine borgno). Panitaliano, il ceppo più consistente in Piemonte, in particolare nella provincia di Cuneo.

Calvo/Calvi – anche in questo caso è plausibile una derivazione da un soprannome relativo a capofamiglia o a componenti della stessa contraddistinti da tale caratteristica (si cita ad esempio l’Imperatore Carlo il Calvo).
A Genova a partire dal 1174 era presente una famiglia Calvi, proveniente proprio dalla Riviera di ponente. I Calvi nel 1528 formarono il XIV° albergo a loro nome.
L’Arma: scaccato di argento e nero.
Inoltre nel 1748 fu iscritta al patriziato genovese altra famiglia Calvi, proveniente da Oneglia e forse ramo della precedente.
Arma di quest’ultima: “di rosso alla fascia d’argento accostata in capo di due teste umane calve al naturale, in punta tre gigli d’oro due a uno”.

Cavallo – da soprannome o semplicemente perché il capostipite /la famiglia possedeva un cavallo (cosa ai tempi abbastanza rimarchevole rispetto all’ordinarietà).
In Genova esisteva la famiglia Cavallo o Caballo, proveniente dalla Lombardia, iscritta nei Sauli.
Esponenti noti: Emanuele Cavallo. Avendo comandato nel 1512 l’assalto ed espugnato il forte della “Briglia” a Genova, tenuto dai francesi all’epoca dominanti la città, fu insignito del titolo di “Liberatore della Patria”
Arma: “troncato in fascia d’argento e di verde, all’albero sul tutto terrazzato al naturale, un cavallo d’argento passante sul tronco”.

Cavassa – probabilmente originato da soprannome collegato ad attività relative ad una cava, o solo per avere abitazione vicina a questa dal latino cavus (cava, scavo). In alternativa dal termine francese “chevesne” (cavedano).
Improbabile la connessione del ceppo ligure con quello piemontese, quest’ultimo possibile derivazione dai Cavassa, vicari dei Marchesi di Saluzzo e vassalli degli stessi. Questi Cavassa facevano riferimento alla seconda origine etimologica, tanto da assumere il pesce cavedano come insegna.
A Genova era presente una famiglia cognomizzata Cavazza (occorre, peraltro, sottolineare che nella parlata ligure la Z si pronuncia come una consonante dal suono intermedio tra la Z e la S e, tra le due, il suono esatto è più rispondente alla S). E’possibile dunque che Cavazza sia meramente diversa trascrizione di Cavassa, come avvalorato dal Musso, il quale cita solo questi ultimi accreditandogli medesima arma.
I Cavazza originari da Bargagli furono iscritti nel X° albergo, quello dei Grimaldi.
Arma: “bandato di rosso e d’oro, sul tutto torre di due piani d’argento sostenente aquila di nero”.

Confredi - dal nome di tradizione germanica Geffredo/Goffredo (Pace di Dio). Goffredi è cognome panitaliano assai più comune che Confredi. Tuttavia l’ipotesi di detta etimologia è confortata dalla circostanza che nell’indagine del 1252 è citata la famiglia Gonfreo.
In Musso i Confredi sono citati con l’assegnazione della seguente arma: “d’argento alla quercia nudrida dal piano, il tutto di verde”.

Costa - si tratta di cognome panitaliano. Per quanto riguarda la derivazione della cognomizzazione del ceppo/ceppi liguri, questa dovrebbe derivare dai tantissimi toponimi costa presenti in regione, eventualmente tramite soprannome; (mi spiego con un esempio tutto “Connense”: Luiggi da costa per distinguerlo da Luiggi du pozzu).
In Genova erano presenti varie famiglie Costa, che, essendo di diversa origine, discendenza e provenienza, furono iscritti in vari alberghi, cioè in quello dei Cibo, dei Vivaldi, dei Fieschi, nei Gentile e negli Spinola.
Per, un’ipotesi meramente geografica, la famiglia andorese potrebbe derivare dai Costa, che provenienti da Genova, furono infeudati di Garlenda e di altri territori dell’albenganese.
Riporto pertanto la sola arme dei Costa di Garlenda: “Di rosso alla fascia d’argento”.
Esponenti storici noti di cognome Costa:
Francesco Costa (Genova 1672-1740) Pittore di stile tardo barocco.
Giacomo Costa (Genova, circa 1760/70- morto circa nel 1835/36) Violinista, fù maestro di Paganini.
Marchesa Antonietta Costa (Genova,1777-1859) Vincenzo Monti le dedicò il “Sermone sulla mitologia”.
Antonio Costa, compositore genovese, nel 1829 fondò con Filippo Granara il Conservatorio Paganini.
Giovanni Battista Costa (1825- 1892) con il fratello Giacomo (1836-1916) fondò la Compagnia di navigazione Costa.

Divizia (tratto di questi seppure non presenti nel rapporto del 1607, in ragione del fatto che hanno dato origine al toponimo Località Divizi)
L’origine etimologica del cognome più ovvia è nel termine letterario arcaico “divizia” (dovizia, abbondanza, ricchezza) dal latino divitiae (ricchezza), ipotesi supportata dalla scelta di adottare la cornucopia ad insegna, come si evince dalla blasonatura successivamente riportata. In alternativa potrebbe derivare dal termine “vico” (borgo, villaggio ma, pure, col significato di quartiere/strada secondaria) da questo Divico da intendersi come “proveninente dal borgo/quartiere/vicolo” infine declinato al plurale come Divici.
Nell’armolario del Musso citata la sola famiglia Devisia o Dibizia.
Considerata la trascrizione del cognome, come riportata dal Musso, non si può escludere derivazione dal termine “bigio” (grigio cenere) di etimologia incerta, probabilmente dal latino volgare bicjus, attraverso soprannome relativo a capostipite grigio di capelli, poi con l’aggiunta della preposizione “di” ad indicare provenienza/discendenza.
Tradizionalmente si fa risalire l’insediamento dei Divizia nei nostri territori, specificatamente a Stellanello, al 1462, quando tale Francesco, ricco esule da Perugia, vi si stabilì. Di certo vi è coerenza nel racconto di una sua fuga da Perugia, considerata l’allora situazione cittadina, funestata da lotte e disordini, derivanti dai contrasti tra i Baglioni, all’epoca Signori della città, legati politicamente ai Medici, e la famiglia rivale degli Oddi, di fazione papale.
Meritevole di approfondimento di indagine sarebbe la motivazione che ha spinto il Divizia a rifugiarsi proprio a Stellanello, se effettivamente dotato di così ampie disponibilità finanziarie, invece che a Genova o comunque altre località potenzialmente più interessati dal punto di vista economico/finanziario e commerciale.
Traccia storica di un Marco Ambrogio Divizia, capitano al servizio del Principe Andrea Doria.
Arma dei Devisia o Dibizia (come citati dal Musso): “di rosso al leone d’azzurro coronato d’oro, tenente una cornucopia in palo al naturale”.

Ferrari – dovrebbe derivare dall’attività svolta dalla famiglia o da località in cui tale attività era svolta. Nella relazione del 1252 viene citato tale “Filius Rollandi de ferraira”. A Genova furono presenti più famiglie Ferrari, tra cui una certamente proveniente da Andora.
Tali famiglie, essendo di diversa origine, discendenza e provenienza, furono iscritte negli Alberghi Promontorio, Pinelli, Interiano e ancora nei Promontorio.
Avendo ciascuno assunto propria arma, non è stato possibile risalire a quella specifica adottata dal ceppo famigliare proveniente da Andora, pertanto si tralascia la descrizione.

Gaggino – L’ipotesi più accreditata sia la provenienza dal personale di origine incerta Acacio, equivalente al latino Innocentius – Innocenzo, da cui molteplici derivati sia come cognomi che come toponimi (si veda Gazzola, Gazzelli, Gazzino, Gaggino Agaggio, Agassi, ecc). Altra possibilità sarebbe la derivazione dal vocabolo longobardo gahagi/gahagg (significante bosco sacro), riferito a persona/famiglia insediatesi nei pressi di questo; tale ipotesi può essere corroborata dalla considerazione della vicina localizzazione del Locus Bormani. In alternativa potrebbe derivare da soprannome collegato al dialettale gaggia (gabbia).
Esponenti storici noti: Giuseppe Gaggino – Genova 1791 – 1867 – scultore (Riportato anche se, forse, senza alcun collegamento con il ceppo ligure, in quanto la famiglia, trasferitasi in Genova nella seconda metà del 1600, proveniva da Gaggino in provincia di Como o da Bissone, in Svizzera.)

Gagliolo – l’ipotesi più attendibile è che possa riprendere il nome di derivazione germanica ed in uso nel medio evo “Gaglio” derivante dal germanico geil (vigoroso) ma non si può escludere la derivazione da caglio (da gaglio – Galium verum – pianta erbacea sostitutiva del caglio animale), attraverso un soprannome indicante persona particolarmente acida, in osservanza alla tradizione, ben presente nei soprannomi dialettali liguri, di appellativi ironici.

Galleano – dal nomen latino Galienus o in alternativa, dal personale medievale Galianus/Galliano.
Nella nobiltà genovese erano presenti, provenienti da Ventimiglia, i Galleana che vennero iscritti nei Doria. Da un ramo trasferitosi in Francia discendono i Galliani divisi nei rami dei Duchi di Gadagne e dei Marchesi di Salenes.
Sempre a Genova, ma provenienti da Nizza, la famiglia Galliani (forse una diramazione del ramo francese, che fu iscritta nei Fieschi)
Esponenti noti di cognome Galleano: Pietro Galleano (1687 – 1761) scultore allievo del Maragliano, Francesco Galleano fratello minore del precedente anch’egli scultore.
Arma dei Galleana: “sbarrato d’azzurro e d’oro, al capo di rosso al leone passante da destra a sinistra d’oro”.
Arma dei Galliani (Genova): “d’argento alle due fasce aderenti d’azzurro e di rosso, in capo palo d’azzurro accostato alla fascia dello stesso, sostenuto da due leoni di rosso, in punta due galli affrontati al naturale”.

Garassino - dovrebbe indicare provenienza del capostipite da Garessio, oppure potrebbe derivare dal longobardo garisind (dalla radice gar – lancia- e sind – forte/grande, con il significato complessivo di forte lancia) poi latinizzato in garisindus.
Garassino come identificativo famigliare è già saldamente presente in atti a partire dal 1200, in area piemontese.
Nel resoconto sulla consistenza del feudo andorese del 1252 non è presente, analogamente ai Guardone. Tuttavia in quello del 1607 entrambi i cognomi hanno una consistenza numerica più che consolidata. Ne consegue che l’arrivo in Andora delle famiglie (considero entrambe solo per non ripetere identico concetto trattando dei Guardone) dovrebbe risalire o a periodo immediatamente successivo all’indagine, oppure a data anteriore. In quest’ultimo caso, l’assenza può essere spiegata dalla supposizione che all’epoca le due famiglie non avessero proprietà terriere in Andora e svolgessero attività che non prevedessero tale necessità. In altri termini potevano essere pastori transumanti (si ricorda che fino al secondo dopoguerra esistevano pastori transumanti provenienti in riviera dalle Alpi Marittime, in particolare dal Brigasco) oppure che fossero al servizio dei Clavesana. (Si rammenta che i Marchesi di Clavesana, discendevano da Bonifacio Marchese del Vasto ma la linea diretta si era interrotta per mancanza di eredi ed erano diventati Marchesi di Clavesana, in seconda linea dinastica, un ramo dei Marchesi di Ceva, anche questi discendenti dal Del Vasto. Il Marchesato di Ceva comprendeva pure Garessio, per cui non è improbabile che al servizio dei Clavesana, ramo in ultimo proprietario del feudo, vi fosse personale di fiducia originario di Garessio).
Essendo acclarato che il ceppo originario ligure dei Garassino è da ricercarsi in Andora, specificatamente della località a loro intitolata, è indubitabile che fossero da molto tempo ivi insediati. Infatti dall’originale località Garassini, nel XVII°, la cognomizzazione è sparsa un poco in tutta la Liguria; non solo le vicine Laigueglia e Alassio, ma a Finale, Toirano, Genova eccetera. Questo è provato dal fatto che nel 1656 a Sanremo era attivo un Padrone Marittimo/Comandante, tale Gerolamo Garassino e in un documento catastale del Comune di La Spezia risalente a circa il 1680 è presente un Garassino “di Genova” intestatario di una proprietà.
Esponenti storici noti:
Vincenzo e Tomaso Garassino (XIX° sec.) intarsiatori artistici attivi a Savona. Giuseppe Garassino nato a Rollo di Andora, Cannoniere sulla R.N. “Ettore Fieramosca” si offrì volontario nella sfortunata spedizione del Cap. Giulietti che fu massacrata in Dancalia (Etiopia) nel 1881.
Basilio Garassino di Alassio, comandante e armatore, fu console in Marocco per conto del Regno d’Italia, Grecia e Belgio;
Nicolò Garassino sempre di Alassio. Armatore e comandante del brigantino “La Carolina” salvò nel 1862, a rischio di perdere il suo bastimento, l’equipaggio di una nave spagnola e premiato dal Re di Spagna con medaglia d’oro al valore. Successivamente diventato Console d’Italia in Marocco, in occasione della sollevazione delle Kabile del 1907, per il suo comportamento venne insignito con medaglia d’argento dal Governo Belga e di Croce di Cavaliere da quello Italiano.
Nel già citato manoscritto del Musso, sono attribuite ai Garassino (citati in conformità dell’epoca con particolare riferimento al “Censimento” del 1607 come “Garasina”, due arme distinte, probabilmente assegnate a due rami della famiglia:
  • la prima arma: “di rosso al Grifone d’oro sostenuto da rupe di verde movente dal fianco destro, accompagnato in capo da rosa d’argento”;
  • la seconda: “troncato in fascia, il primo d’oro all’aquila nera coronata, il secondo di verde alla rosa rossa”.

Giulla – l’ipotesi più probabile è una corruzione del personale Giulio anche se non può escludersi una derivazione da soprannome dialettale, per esempio da ciulla.
Quello che è certo è che, verso la fine del XIV° secolo, tale Antonio fu Leonardo, nativo di Andora, detto appunto Giulia o Julla si trasferì a Genova. Da lui ebbe origine la Famiglia Julla o Giuli o De Giuli, che fu inscritta per un ramo nei De Franchi, per un altro nei Calvi.
E’ possibile, dunque, che i Giulla di Andora discendano dalla componente familiare rimasta sul territorio, pur non potendosi escludere il “ritorno” di un ramo, in ragione d’interessi rimasti in loco.
Arma (ramo dei Calvi): “fasciato di tre d’azzurro e d’oro”.
Arma (ramo dei De Franchi): “fasciato di tre d’azzurro e di rosso”

Grana – cognome panitaliano potrebbe derivare da un toponimo legato alla coltivazione del grano (si vedano i toponomi abbastanza ricorrenti presentanti tale radice ricordo Castelgrana, Grana – Comune e Torrente in Piemonte -,   Granara in Liguria, granarolo ecc.) oppure dal cognomen latino granatus.

Guardone – dal longobardo wardon /germanico warden, guardiano. Qualcuno, localmente, propende per la tesi che i Guardone siano di provenienza catalana come i Maglione. Questa ipotesi può essere confortata dalla considerazione che uno degli ultimi esponenti il ramo principale, Diego Maurizio Guardone, portasse il nome di Diego, di tradizione iberica, tenendo conto dell’usanza, tuttora non infrequente, di ereditare il nome dal nonno. Non è tuttavia da escludere, in ragione della ben attestata presenza in Andora nel 1607, che, come argomentato in precedenza trattando del cognome Garassino, i Guardone si siano stabiliti sul nostro territorio molto prima, al seguito dei Clavesana, nel loro caso come personale di guardia, scorta e presidio. In tal caso non vi sarebbe alcun collegamento con una possibile origine catalana.

Lanfredi – dal nome di derivazione germanica Lanfredo (da Lanz-Frid, pace nelle lance oppure da Land-Frid, pace in terra/nel paese). Cognome a bassa diffusione ma panitaliano, il ceppo più consistente in Lombardia, in particolare nel bresciano.

Languasco – dal termine geografico “langa” (rilievo collinare a profilo allungato) con, in aggiunta, il suffisso “asco”, abbastanza comune in Liguria, da intendersi come provenienza geografica, oppure da un microtoponimo locale (ad esempio nel Comune di Campomorone (GE) esiste la frazione Langasco. Si tratta di un cognome raro, con ceppo principale ad Imperia (oltre metà delle presenze totali in Italia).
In Musso citati come Langasca o Langasco con riportata la seguente arma; “d’argento al leone di rosso coronato d’oro sostenuto dalla rupe di verde movente dal fianco destro”.

Maglione – dovrebbe derivare da Maglio (grosso martello a due teste, mazza) a sua volta derivato dal latino malleus (martello). Questa ipotesi è sottolineata dagli stessi Marchesi Maglioni, posto che assunsero il martello come loro insegna. Tuttavia, sembrerebbe non si sia tenuto in dovuto conto la dichiarata origine catalana della casata. Considerato questa, il cognome potrebbe derivare, eventualmente tramite soprannome, dalla parola catalana “maliona” traducibile in “malizia”. Questo sarebbe coerente, pure, nella presenza in Andora, sempre nel rapporto del 1607, del cognome Malion/Maliono.
Inoltre mi corre l’obbligo di sollevare una questione. I marchesi Maglioni considerano loro capostipite Matteo Maglione detto il “Garo” giunto in Andora dalla Catalogna nel 1640. Questa è un’incongruenza. Nell’analisi del 1607 l’esistenza dei Maglione in Andora (o meglio nell’allora territorio di Andora comprendente Laigueglia) era più che attestata, come dimostrato non solo dalla presenza del cognome Magliona/Maglione ma da altri cognomi di medesima radice etimologica, cito nuovamente Malion, Maliono oltre a Maglio e Malio. E’possibile che il “Garo” (soprannome probabilmente derivante da “garum”, “salsa di pesce”, non incoerente con la professione svolta dallo stesso) sia effettivamente giunto nel 1640, in ricongiungimento ad altro ramo famigliare già presente, ma non si può escludere che quanto sostenuto dai marchesi, sia una ricostruzione arbitraria a fini agiografici, dettata dalla necessità di individuare un capostipite certo ed una adeguata linea di ascendenza, sufficientemente datata.  
Arma Maglioni: d’azzurro al leone d’oro tenente con la branca destra un martello d’argento.
Inoltre considerato che nel 1827 Marco Andrea Maglione sposa Camilla Carrega, tratto di questi:
I Carrega di Genova discendono da Pietro il “Carrega” notaio del Comune di Genova nel 1222. I Carrega furono iscritti in parte nei Sauli e in parte nei De Marini. Diedero 9 senatori alla Repubblica. Nel 1877 il ramo principale assunse il titolo di Principi di Lucedio.
Arma dei Carrega: partito d’oro e di rosso al leone passante in fascia, del primo nel secondo, tenente un giglio verde.
Successivamente Stefano Maglioni si sposò in prime nozze con Maddalena Cazulini dei Signori d’Arnasco. Arma dei Cazulini o Cazzulini: “troncato di rosso e d’oro, al mestolo di legno al naturale disposto in palo sul tutto, il manico in capo e la coppa in punta”.
In seconde nozze sposò Virginia Novaro
Arma dei Novaro (nel Musso): “d’azzurro, al delfino di rosso nuotante in fascia nel mare fluttuoso d’argento, al leone al naturale nascente da detto mare, coronato all’antica d’oro, accompagnato da tre stelle di otto raggi dello stesso poste 1 a 2.”
Marco si sposò con Lilla Cambiaso.
I Cambiaso diedero 2 Dogi e otto senatori alla Repubblica
Arma dei Cambiaso: “d’azzurro ad una scala in palo di sette pioli sostenuta da due levrieri controelevati, il tutto d’argento e movente dalla pianura di verde”.
Giuseppe si sposò con Matilde Novaro (vedi arma sopra riportata)
Marco ebbe una figlia Maria Ernestina, che si maritò con Paolano Mazè de la Roche.
Arma dei Mazè de la Roche: “palato d’argento e d’azzurro, al capo del secondo carico di due colombe con ramo d’ulivo nel becco al naturale”(3).

Manno – cognome panitaliano, il ceppo più consistente in Sicilia. Potrebbe derivare dal latino magnus, tuttavia nel caso specifico del ceppo andorese, considerato che in Andora è presente la famiglia Alemanno, potrebbe trattarsi di aferesi di tale denominazione, derivante da errori di trascrizioni o da semplificazioni anche attraverso soprannomi.

Mantello – già presenti nel 1252, deriva palesemente dal latino mantellum (velo, poi nel medio evo assunto al significato attuale), forse collegato a capostipite/famiglia esercitante l’attività di confezionamento di tali capi di abbigliamento o più semplicemente da soggetto uso ad indossarlo.  Cognome raro ma panitaliano.

Marchiano – si presume una derivazione dal cognomen latino “marchianus”. In Andora esiste il toponimo “monte Marchiano” ma tale denominazione dovrebbe derivare dal fatto che in origine fosse di proprietà della famiglia e non viceversa.
Si esclude il collegamento del ceppo ligure con quello meridionale cognomizzato Marchianò, di diversa origine etimologica, in quanto quest’ultimo risulta correlato alla minoranza albanese (Arberesche) presente da secoli in diverse zone dell’Italia meridionale ed insulare.

Micheri - dovrebbe rifarsi al nome di persona Michele probabilmente, come già ipotizzato per i Berneri, dal dialettale Michè per Michele, poi Michei ad indicare la famiglia ed infine Micheri per trascrizione in latino od italiano.

Moreno – Potrebbe derivare dal latino Maurus ad indicare abitante della Mauritania poi inteso come scuro, da cui deriva il personale medievale Morenus. Non si esclude, però soprannome relativo a capostipite particolarmente scuro di carnagione con similitudine al cognome Negro trattato successivamente. In alternativa, dal pesce murena attraverso soprannome. Più improbabile, ma non esclusa, la derivazione da morra/mora analizzata al cognome successivo. Già presente in Andora in occasione del rapporto risalente al 1252.
Nello stemmario del Musso presente arma assegnata ai Morena, così citati, come di seguito blasonata: “d’azzurro al mare fluttuoso, alla murena nuotante in fascia d’argento”.

Morro – come Moreno potrebbe derivare da Maurus, tuttavia appare più plausibile la derivazione del termine italiano arcaico (usato anche da Dante) mora o morra con significato di cumulo di pietre (da cui il termine geologico morena). Il cognome potrebbe pertanto derivare da microtoponimo (a Conna, per esempio, esiste località ina Mura). Cognome raro, tipico del savonese.
Esponenti storici noti: Francesco Morro pittore genovese del XVII° sec. – Giuseppe Morro (1806 -1873) fu Sindaco di Genova.

Negro – dovrebbe derivare da qualche caratteristica personale del capostipite.
A Genova presente la famiglia Di Negro il cui capostipite fu Manfredo detto il “Negro” (appunto). Di questa famiglia un ramo fu iscritto nei Giustiniani mentre la restante parte nel 1528 formò il IV° albergo a proprio nome. Diedero un Doge e 15 senatori alla Repubblica.
Arma: d’argento a tre gigli d’azzurro due ad uno, il capo inchiavato di rosso.
Il Musso cita anche la Famiglia Negra o Negri con la seguente arma:
“di nero al monte di tre cime di verde accompagnato in capo da tre rose d’argento ordinate 1 e 2”.

Ordano – si tratta di un cognome raro, sostanzialmente costituito da due ceppi, uno ligure, localizzato prevalentemente nel ponente savonese, in particolare proprio Andora, ed uno piemontese. Non dovrebbero esserci correlazioni tra i due ceppi ma questo non si è in grado di escluderlo. Riguardo l’origine etimologica, l’ipotesi più probabile è che derivi da Giordano, nome abbastanza comune nel medio evo, che ha dato origine a cognome panitaliano. Da Giordano, eventualmente tramite passaggio nella trascrizione Jordano/Jordanus ed infine, con aferesi dell’iniziale, Ordano.

Olivieri - cognome in apparenza chiaramente derivato dall’attività svolta. Tuttavia, constatato che nel 1252  era presente famiglia Olivarius, considerata l’epoca, antecedente, di fatto, all’introduzione (o meglio reintroduzione) e della diffusione nel nostro territorio della coltivazione dell’olivo, da parte dei monaci benedettini dell’abbazia di Taggia, il cognome potrebbe, più plausibilmente derivare dal personale Oliviero (anche personaggio di poemi cavallereschi) originato dalla  latinizzazione e sovrapposizione per assonanza, di forme germaniche e norrene ( come alfher da cui Alfiero e Olaf oppure da Aliwart da cui i francesi Aulivard e Olivard e  gli spagnoli Alvaro/Alvarez).
A Genova era presente una famiglia, gli Oliverio, cittadini genovesi dal 1175. Un ramo fu iscritto nei Giustiniani ed uno nei De Franchi.
Arma (ramo dei Giustiniani): “di porpora al capo d’azzurro caricato di leone d’oro passante e coronato”.
Arma (ramo dei De Franchi): “d’argento a tre ulivi nudridi da tre monti di verde, quello più alto sostenente aquila coronata di nero, al sole d’oro uscente dall’angolo destro del capo”.

Pagliano – l’ipotesi più probabile è che derivi da soprannome connesso alla paglia o mestieri ad essi collegati. Possibile, pure, derivazione da microtoponimo. In Andora, in effetti esiste località Pagliano, pertanto è sia possibile che si tratti di cognome di derivazione prediale sia che, viceversa, la località abbia assunto la denominazione dai proprietari.

Perato – Potrebbe derivare dal personale Piero, o da soprannome attraverso il fitonimo pero. Nella relazione del 1252 è presente l’identificativo Perolus, è pertanto possibile che questo si sia definito in cognome con l’aggiunta del suffisso ato a indicare tratto tipico distintivo o la somiglianza con il sostantivo di base.

Preve – evidente derivazione da componente della famiglia ordinato sacerdote, tramite soprannome dialettale, ad esempio “u nevu du preve” – il nipote del prete.
Citati in Musso e assegnatari delle seguenti arme:
  • la prima: “troncato in fascia, d’azzurro e di verde, al leone al naturale sul tutto coronato d’oro, sostenuto da ramo tagliato e fogliato, alla stella d’oro di otto raggi in capo a destra”;
  • la seconda: “di rosso, al tricorno sacerdotale di nero ordinato in banda, accostato da due bande d’oro”.

Quartino – l’ipotesi più probabile è derivazione da soprannome ironico ad indicare soggetto di bassa statura e di corporatura tozza, (dall’unità di misura “quarta”) oppure riferito a soggetto incline al bere.

Raimondo – da nome personale di origine germanica Raimondo (senno /intelligenza + protezione /difesa con il significato complessivo di protetto/consigliato dagli dei).
A Genova presente famiglia Raimondo originaria, genericamente della Riviera di Ponente. Venne iscritta nel XX° albergo, quello dei Pinelli.
Usarono diverse arme, riporto la più ricorrente: scaccato d’argento e di rosso, al leone nero sul tutto coronato d’oro.

Rebecco – forse proviene dal personale, di origine ebraica, Rebecca (che una famiglia abbia cognome derivante da una donna non è affatto insolito, considerato che gli stessi Doria assunsero il cognome da Oria – Orietta - Della Volta madre di Anselmo, il capostipite della casata, detto appunto Anselmo d’Oria, cioè figlio di Oria).
In alternativa potrebbe derivare da microtoponimo, considerando che a Conna esiste località Rebecca. Tuttavia, come nel caso dei Marchiano il toponimo potrebbe derivare dalla possibilità che fosse di proprietà della Famiglia. In ultima ipotesi, possibile richiamo a ribeca/ribechino, anche ribecca/ribecchino, antico strumento musicale popolare.

Risso – dal soprannome dialettale risso, riccio inteso sia come riccioluto sia come riccio spinoso ad esempio di castagna o di mare, sia, almeno localmente, come il simpatico animaletto (in genovese quest’ultimo sarebbe riseu, stranamente come il selciato…).
Presenti nell’armoriale del Musso come Rissa o Risso, l’arma di questi: “d’argento alla banda d’azzurro sostenente aquila di nero coronata d’oro, al riccio al naturale, in punta, sostenuto dal terreno di verde”.

Rossi – come noto si tratta della cognomizzazione più comune in Italia. Questo, paradossalmente complica di molto la ricerca e l’ipotesi dell’origine etimologica riferita allo specifico ceppo andorese. Nella relazione del 1252 si fa riferimento alla presenza di una famiglia Rossello. Probabilmente è a questa origine etimologia opportuno fare riferimento. Considerato che il nome personale Rosso non era infrequente nel medioevo (cito ad esempio Guglielmo Rosso Della Volta, Podestà genovese di Albenga nel 1228 e Rosso Della Turca, Ammiraglio genovese dell’epoca.) potrebbe derivare da nome di capostipite declinato in vezzeggiativo Rossello, poi stabilizzatosi in Rossi.
Nella Raccolta del Musso presenti tre arme accreditate ai Rossi, che riporto nonostante sia impossibile stabilire se una di queste possa essere ricondotta, effettivamente, ai Rossi di Andora:
  • la Prima: “d’oro al leone al naturale tenente con la branca destra una rosa rossa, sul tutto tre fasce di rosso”;
  • la seconda: “di rosso al leone al naturale coronato d’oro e tenente con la branca destra un giglio d’argento alla banda d’azzurro sul tutto”;
  • la terza: d’argento al monte di tre cime di rosso, uscente dal mare fluttuoso d’azzurro, sostenente tre rose rosse al naturale”.

Sibelli – di provenienza etimologia incerta, potrebbe derivare dal nome personale medievale “Gibellus”, forse di derivazione germanica. In alternativa potrebbe derivare, con un’ipotesi ardita ma non illogica, da Eusebio, nome di diversi santi, con una corruzione radicale dell’originale, attraverso il toponimo Sant’Eusebio, dialettalmente sincopato in Sansebio da cui Sebio/ Zebio (questi ovviamente pure possibile derivazione diretta da Eusebio). Infine, tramite derivati come Zibello, Zibelli, Gibelli, Civelli, Sibelli. Ceppo consistente in provincia di Cuneo.

Siffredi – dal nome personale di tradizione germanica significante “pace nella vittoria/pace vittoriosa” attraverso la latinizzazione dello stesso in Sigfridus. A bassissima diffusione, il ceppo prevalente presente tra il ponente savonese e l’imperiese.

Stalla – probabilmente originato da soprannome derivato da attività, o anche semplice proprietà, collegata ad una stalla. Cognome raro concentrato nel ponente savonese.

Tagliaferro – probabilmente originato da soprannome – epiteto. Si escluderebbe collegamento, perlomeno per discendenza, con Bonifacio II° di Clavesana detto “Il Tagliaferro” per le sue imprese militari, che ereditò, con il fratello Odone, dal padre Bonifacio I° il feudo di Andora. Infatti il Tagliaferro morì senza eredi ed il feudo passò ai figli di Odone.
In Genova era presente una famiglia Tagliaferro, probabilmente ramo cadetto dei Marchesi di Saluzzo. Tale Famiglia ebbe la signoria di Tagliaferro, ora borgo nel Comune di Moncalieri.
L’arma: di rosso a tre fasce di verde alla banda d’oro sul tutto.
Inoltre nel Musso citati i Tagia Ferro o Tagliaferro con riportate due arme:
  • la prima: “d’azzurro alla banda d’argento accompagnata da tre stelle d’oro male ordinate, una in capo, due in punta”;
  • la seconda: “di rosso a tre fasce di verde alla banda d’argento sul tutto caricata di tre F di nero”.

Trevia – dovrebbe originarsi dal latino trivium (trivio – incrocio di tre strade) forse per l’ubicazione dell’abitazione della famiglia. Si tratta di un cognome raro, concentrato nella riviera di ponente, in particolare proprio ad Andora.

Viale – Potrebbe derivare sia dal personale Vitale con la perdita della consonante T, oppure attraverso soprannome dalla voce dialettale biale (condotta d’acqua artificiale si vedano i similari bealera, bea ecc) con riferimento ad attività connessa a tale condotta ad esempio un mulino, un frantoio ecc. (cito ad esempio il soprannome Censin da bea).
A Genova i Viale, originari da Bergagli o da Diano Marina (ovvero da entrambi i luoghi) furono iscritti in parte nei De Franchi e in parte nell’albergo dei Negrone.
Diedero a Genova due Dogi e una dozzina di senatori.
Arma: d’azzuro alla banda d’oro, due leoni coronati, d’oro, uno in capo ed uno in punta.

Zerbone – dalla voce dialettale Zerbu (gerbido, incolto, terreno abbandonato), attraverso soprannome. Nel rapporto del 1252 si fa riferimento alla famiglia Zerbino.
Nel Musso sono citati i Zerbina o Zerbino con la seguente arma: “d’azzurro alla corona all’antica e alla stella a otto raggi, ordinate in palo, il tutto d’oro”.

* * * * * * *

Concludo trattando di una famiglia che non compare, o meglio non è riconducibile a nessuna di quelle citate sia nel 1252 sia nel 1607, ovvero la Famiglia Andora (il Musso cita anche Andoria).

Gli Andora si stabilirono a Genova nel 1300 circa, provenienti proprio da Andora.
Adottarono la seguente arma: “troncato in fascia di azzurro e di rosso alla banda su tutto d’oro”.
Alias: “troncato in fascia d’azzurro e d’argento alla banda su tutto d’oro.
In Musso gli Andoria, sono accreditati dell’arma così blasonata: “troncata inchiavata di cinque, il primo di rosso all’albero nascente dalla partizione, di verde, il secondo d’azzurro a tre gigli ordinati in fascia d’oro”.
Sono reperibili tracce araldiche della Famiglia Andora in Lazio e Francia.
Successivamente cambiarono il nome da Andora in Sopranis e, con questo cognome, nel 1528 furono iscritti nei Cibo.
Come Sopranis diedero otto senatori alla Repubblica.
Arma del Sopranis: d’azzurro al leone assiso con il capo in maestà, coronato, d’oro, sostenuto dalla pianura di verde.
 
 


NOTE
1) Porchetto Striggiaporci della Famiglia Nepitelli-Striggiaporci.
La Famiglia Nepitelli-Striggiaporci insieme alla Famiglia Porco o Porcile formarono albergo con il nome SALVAGO. Diedero un Podestà e 9 senatori alla Repubblica.
Arma (Striggiaporci): di nero alla striglia d’argento in palo sostenuta da due porci al naturale.
Arma (Salvago): d’oro alla rotella di nero caricata di un leone d’argento.
2) La descrizione araldica (Blasone) è strettamente e puntualmente codificata. Ogni termine, la posizione dello stesso all’interno della didascalia, ha un preciso ed univoco significato per evitare ogni dubbio interpretativo. Per non tediare eccessivamente mi limiterò a ricordare che la descrizione avviene sempre dal punto di vista di chi porta l’insegna, come se il portatore la illustrasse all’osservatore. Pertanto destra e sinistra sono invertite.

3) Esponente di spicco dei Mazè de la Roche fu il conte Gustavo (1824-1886) generale e politico. Partecipò al Corpo di Spedizione in Crimea. Fu attivo nel contrasto al brigantaggio, in particolare in provincia di Foggia, dove si distinse per metodi definibili, eufemisticamente, sbrigativi. Fu comandante dell’a XII^ divisione dell’esercito sabaudo nel contesto della presa di Roma nel 1870. (a tale proposito si rimanda al resoconto sull’episodio della breccia di Porta Pia scritto da Edmondo de Amicis, che era al seguito proprio della colonna comandata dal Mazè).
In seguito fu Senatore del Regno e Ministro della Guerra nel III° Governo Depretis nel 1878-1879.
Ho evitato accuratamente di aggiungere a Mazè de la Roche, la specifica altrove riportata, “di Alassio” in quanto questa è mera indicazione di frequentazione, dimora, domicilio e, forse, in qualche periodo, di residenza ma, in alcun modo, è da intendersi come derivazione da titolo “feudale”.
La presenza in Alassio dei Mazè deriva, esclusivamente, dalla circostanza che il Conte Gustavo, sopra ricordato, sposò Bianca Ferrero dei Marchesi di Ormea.
Bianca aveva un fratello (o meglio, un fratellastro in quanto di secondo letto), Vincenzo, che sposò Onorina dei Marchesi Ferrero de Gubernatis, proprietari del bel palazzo nel centro di Alassio. Da qui la frequentazione.
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