ANTICO SARCOFAGO - Andora nel tempo

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ANTICO SARCOFAGO

STORIA E DOCUMENTI > CURIOSITA' STORICHE
L'ANTICO SARCOFAGO
(Mario Vassallo)

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Dall'estratto "Andora: Sarcofago di tarda età romana" di Nino Lamboglia, pubblicato sul Bollettino della Società Storico - Archeologica Ingauna e Intemelia, A. I, 1934, n. 1 - 2, pp. 66 - 70:

"Andora. - Il 23 febbraio 1933 - XI, in località Binello presso la Marina d’Andora, sulle ultime pendici occidentali di capo Mele, il colono Giacomo Bottero mise in luce, durante lavori agricoli per l’impianto di una carciofaia, un sarcofago monolitico con coperchio a tettuccio, scavato assai rozzamente in un blocco di conglomerato calcareo finalese.
Esso giaceva alla profondità di circa m. 1,30 dal suolo attuale; il coperchio, la cui estremità superiore era a poco più di 50 cm. di profondità, fu inavvertitamente spezzato all'inizio dello scavo, e solo in parte fu possibile ricomporlo. Dentro il sarcofago erano resti umani appartenenti a diversi individui: si riconobbero avanzi di almeno 6 crani. Altri frammenti ossei furono rinvenuti sparsi nel suolo immediatamente vicino; ciò proverebbe, in relazione col fatto che uno degli angoli del coperchio risulta spezzato per rottura antica, che la tomba era già stata manomessa.
Il sarcofago, anepigrafe, misura esternamente m. 2 in lunghezza e m. 0.75 in larghezza; l’altezza compreso il coperchio, è di 75 cm. È del tipo (caratterizzato dal coperchio a tettuccio con acroteri agl’angoli e dall’uso della pietra del Finale) già noto attraverso vari altri esemplari della Liguria: sei identici già se ne conservano nel Civico Museo Ingauno ad Albenga; altri ne esistono a Noli, a fianco della chiesa di S. Paragorio; uno si conserva persino alla Spezia, nel Civico Museo. La rozzezza della lavorazione, la destinazione stessa all’interramento riportano ad epoca di decadenza e probabilmente di insicurezza pei resti degli estinti: il V o VI secolo, se non addirittura l’alto medioevo (1 ). In tutti si raccolsero resti umani appartenenti a più individui, sicché pare che la destinazione ad ossario sia originaria, non frutto di posteriore riutilizzazione: anche questa caratteristica riporta ai secoli del profondo medio evo e dell’età paleocristiana.
Accanto al sarcofago furono raccolti frammenti di vari tegoloni romani a margini rialzati privi di bollo, tra cui due ricomponibili, di embrici ed altri fittili: anche questo materiale appartenente forse ad una tomba manomessa e distrutta.
Ad eguale profondità e a qualche metro di distanza venne in luce successivamente, durante la prosecuzione dei lavori agricoli, un centurionale di Costanzo Gallo, coniato a SER(dica) (Dacia).
Tutto il materiale rinvenuto fu donato dalla proprietaria del fondo Maria Roveraro ved. Craviotto, consenziente la R. Sovraintendenza alle Antichità, al Civico Museo Ingauno di Albenga. Il sarcofago, ridotto in pezzi per l’imperizia di chi lo estrasse dallo scavo e per le peripezie subite prima che venisse deciso il suo trasferimento ad Albenga, fu dovuto ricomporre con molta fatica, non coronata totalmente da successo, a cura della direzione del Museo".


(1) Per più ampie notizie generali al riguardo cfr. ora il mio studio Per l'archeologia di Albingaunum, in «Coll. Stor. Archeol. d. Lig. Occ.d.», 101), 1934, N. S., vol. I, p.




Il terreno denominato Binello - Foto anni '90
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