CHIESA DI SAN BARTOLOMEO - Andora nel tempo

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CHIESA DI SAN BARTOLOMEO

TESTIMONIANZE DAL PASSATO > ARCHITETTURE RELIGIOSE > LE CHIESE
CHIESA DI SAN BARTOLOMEO
(“Andora di un tempo” di Marino Vezzaro – Maria Teresa Nasi – Mario Vassallo)
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La chiesa è di sicure radici medievali, anche se dell’antico edificio rimane molto poco a causa di una profonda ristrutturazione che ne modificò le caratteristiche originarie, adattane l’aspetto allo stile barocco.
Sul lato settentrionale resta una porzione di muratura inglobata nelle strutture di natura più recenti, mentre a ridosso del fianco meridionale, in adiacenza all’Oratorio di San Benedetto, si riscontra un cantonale in pietre squadrate, associato a due finestre ad arco acuto quasi nascoste dalle aggiunte successive.
Fu edificata originariamente tra due fossati: a nord il fossato dei Divizi; a sud il fossato degli Agosti; vicino alla chiesa vi era il cimitero e la casa canonica.
Nella prima metà del ‘600 conservava ancora il suo aspetto originario, con una navata e due ali decorate con cicli di affreschi datati 1499 (quella di destra) e 1544 (quella di sinistra), oggi purtroppo perduti.
Il coro è a levante, la facciata a ponente ed il pulpito scolpito con una crocifissione e figure di santi, risale al 1601.
L’intervento di riedificazione fu probabilmente compiuto prima del 1741, data inscritta sul portale marmoreo in pietra nera, con sopra scolpita la statua di San Bartolomeo, datata 1620.
La torre campanaria, alta 56 metri, è una delle più imponenti della Liguria.
A questa parrocchia appartenevano sino al 1700, Sant’Andrea di Conna e San Lorenzo di Stellanello.

Alla fine del 1500 i confini di questa parrocchia erano: verso Stellanello, il fossato di Bossaneto; verso Molino Nuovo sino a Sant’Anna esclusa; verso Conna, il “fossato della Discarica”.
Le famiglie della parrocchia erano 43 e gli abitanti 300.

Proprietà della parrocchia erano:
  • la terra chiamata Tegorella;
  • la terra chiamata Luminaria (lascito delle famiglie Mollinari);
  • le proprietà di Giò Antonio Raimondo, chiamata casa del Giandino, in frazione Tigorella;
  • la terra chiamata Ca di Rebaudi (lascito di Antonio Raimondo 24 Maggio 1623);
Secondo gli scritti del Parroco di Andora, Don G.B. Anfosso, doveva pagare l’affitto (due stare di grano all'anno) il mulino del Brugeti, perché costruito in una fascia della chiesa.

Nel 1600 le cappellanie erano:
  • la compagnia del SS. Sacramento; viveva con il reddito di alcune piante di olive lasciate da Battista Siffredo;
  • la Compagnia del SS. Rosario; possedeva la terra del molino (coltivata a olive), la terra della castagna (coltivata a castagne), la terra dell’Idorella (lascito di Luca Morro), la terra dei Canci (coltivata a ulivi e lascito di Battista Siffredo),
  • la Compagnia di Santo Stefano; possedeva la terra chiamata il pian di Santo Stefano (lascito di Giacomo Siffredo nel 1613), la Terra Chiamata Scagno (lascito di Bartolomeo Gaggino 27 Maggio 1634), la terra chiamata Fascia dell'Olivo (lascito di Antonio Cavallo), la terra detta “Corinà della Colletta” (lascito di Domenico Olivero).

Gli oratori erano:

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